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A questi si alternano le acque, anch’esse in forma diversa: acquitrini e paludi residui di sconfinato universo di “acque vagabonde”, ora sede dell’avifauna di passo; canali e bacini, figli delle opere della bonifica idraulica, le uniche, impropie, “vie delle acque” di una sub-regione che solo in superficie è povera d’acqua e che in realtà è posata su veli freatici estesi anche sotto i fondali dei due mari.
L’ambiente naturale: quanto altro ancora è quest’estrema partizione orientale della penisola pugliese… Essa racchiude in se elementi fisici e antropici sapientemente mischiati. Basti pensare agli angoli di natura conservati per un intelligente utilizzo che ci ha consegnato generazioni di “formiche vestite di stracci”: quei coloni e affittuari, enfiteutici e braccianti che si sono dedicati a edificare un paesaggio domesticato ma rispettoso di quello che noi oggidì diciamo, con dotti termini, “sistema delle sostenibilità”.
La necessità del vivere, se pure ha condotto alla scomparsa dei mantelli boschivi, inevitabilmente, parimenti, ha comportato il rinsaldamento dei versanti franosi delle “serre”; terrazzandone i fianchi in pendio, i nostri precedessori li hanno protetti; portandovi, a spalla, la terra rossa li hanno fatti fruttificare. Ne abbiamo molteplici esempi nell’esaltante costa tra Otranto, porta d’Oriente in Europa, e Santa Maria di Leuca, finestra sul Mediterraneo. Qui, percorrendo la scenografica liteoranea salentina, una strada che di persè è una meta per il turista curioso e rispettoso dell’ambiente, si possono ammirare gli olivi (e persino i ciliegi) impiantati in nicche nel suolo, in gradini tra il precipitare dei costoni calcarei.
Una cornice ridente di fichi d’India punteggia i siti meno impervi delle pareti della costa del Capo di Leuca; ed è uno spettacolo nello spettacolo!