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di soppravvire in un ambiente arido. Ma si incontrano anche fertili distese di suoli lavorati, recuperate le colture, delle quali rappresentativa è la vite, autentico vessillo del lavoro sapiente e accorto di generazioni di contadini.
Anche le costruzioni e i manufatti sparsi nelle campagne hanno forma differenti: muretti a secco finemente costruiti, dal mirto e dall’alaterno, dalle ramaglie del leccio e della quercia spinosa, accoglienti di more e di relitti testimoni della “macchia mediterranea”.
Le coste del Salento presentano volti diversi: sottili arenili sabbiosi si alternano a scogliere scoscese ai cui piedi si aprono grotte e accoglienti calette. La sua costa è segnata da sottili arenili un tempo orlati da monticelli di sabbia ricoperti da un trionfo di piante psammofile, oggi in parte conservatesi specie lì dove il terreno impervio (e meno la lungimeranza degli uomini) ha bloccato il dilagare delle abitazioni; coste irte ai cui piedi giacciono incatevoli spiaggette la cui forma muta seguendo il ritmo disordinato o impetuoso delle onde respinte dagli scogli; falesie superbe e inaccessibili, ricche di grotte e anfratti.
Deboli alture sono state conolizzate dalla mano esperta del “faticatore”, quello antico, “l’architetto” della pietra tolta dal campo e ammucchiata nei siti più eminenti (le “specchie”); all’improvviso si aprono profonde incisioni del banco roccioso, vere e propie “gravinelle” fendenti le “serre” (le nostre collinette), prodotte dall’incessante lavorio delle acque, letti fossili di antichi “fiumi” oggi sedi di rare ed emozionanti fioriture. Profondi inghiottitoi (le “vore”) smaltiscono le acque delle piogge autunnali, inusitati cunicoli di un verde esaltante che ha tappezzato pareti coperte da un tripudio di essenze amanti dell’ombra. Il territorio è costellato da macchie di boscaglie, relitti, delle medioevali “foreste”, porzioni di boschi alti e murati, chiusi in un elegante vegetazione mediterranea tra campi coltivati che non possono essere colti da uno sguardo svagato.