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Del suo mare e della sua costa: pescoluse di Salve, giù, nel “tacco”, a due passi da Capo S. Gregorio (Patù), ove una mezzaluna sabbiosa, di finissima rena, rende incantevole il paesaggio. Questo, è molto di più, è il Salento, terra di impasti sapienti, di identità comunitarie dialoganti con paesaggi della fatica e del lavoro.
Particolarmente spettacolari, sono le feste patronali nel leccese, in cui si concentra il meglio delle capacità tecniche e artistiche del popolo salentino famoso per le luminarie, li addobbi, i fuochi d’artificio, i palloni di carta colorata, le bande musicali che vengono esportati in tutto il mondo. E’ in queste occasioni che si incontra il Salento più autentico. E’ questo il nucleo più antico della sua cultura conservata attraverso i secoli nonostante le trasformazioni sociali, con le sue tradizioni e il bello, lo scenografico, lo spettacolare.
La danza delle spade o danza-scherma è un evento folcloristico ancora osservabile a Ruffano, sulla Murgia salentina, nella notte tra il 15 e il 16 agosto durante la festa di San Rocco. La gente scorre come un fiume tra due file di bancarelle su cui si espone di tutto dai prodotti dell’artigianato locale ai dolciumi, come in ogni festa che si rispetti. Colpisce però la presenza di tamburelli e di, nastrini colorati simboli del tarantismo.
Esiste, infatti, a livello iconografico, un legame tra il tarantismo e la danza delle spade. Attorno alla mezzanotte la gente fluisce verso il santuario di San Rocco, a Torre Patuli, alla periferia di Ruffano, dove, come ogni anno, si danno convegno i migliori tamburellisti della zona e oltre, per una gara di percussione nel corso della quale danzatori, per lo più gitani, irrompono nel perimetro cerimoniale per eseguire a loro volta una sorta di duello danzato.